Dalle sue origini fino a oggi: breve guida al tè chai
Il tè chai è uno di quelli che si riconosce al primo sniffo. Profuma di zenzero fresco e cardamomo pestato, di latte che sobbolle e anche di zucchero… moooolto zucchero!
In India è considerato parte integrante della quotidianità: si beve nei mercati, sulle banchine dei treni, nei bicchierini bollenti serviti dai chai wallah. In Occidente, invece, il chai è diventato un po’ tutto e un po’ niente: c’è chi lo beve in bustina, chi lo prepara col concentrato, chi lo ordina al bar aspettandosi cannella e schiuma di latte. Insomma: tanta confusione sotto la parola “chai”.
Ma quindi, che cos’è davvero il tè chai? Qual è la ricetta originale? Quali spezie si usano e perché si mette il latte?
A queste (e altre) domande rispondiamo nella nostra breve guida di oggi.
Indice dei contenuti
Le origini del tè chai: tra spezie e colonialismo
Cosa contiene il tè chai: ingredienti principali e varianti
Le miscele già pronte per il tè chai
Che cos’è davvero il tè chai
Prima di tutto, “tè chai” è un doppione. Sì, perché chai significa già “tè”, in hindi, in urdu, in farsi, in russo e in una lunga serie di lingue che hanno accolto questa parola nel loro vocabolario quotidiano. Tutto parte dalla Cina, dove il termine 茶 (cha) si è diffuso via terra lungo la Via della Seta, diventando chai in Asia centrale e Medio Oriente, e via mare nel sud-est asiatico, trasformandosi in tè nelle lingue europee come l’italiano e l’inglese.
Da lì, chai è rimasto il nome comune per indicare il tè in molte culture. Ma in India ha assunto un significato più specifico e affettivo: non è solo tè, è il tè. Nello specifico un tè nero robusto, bollito con spezie, latte e zucchero.
La versione completa sarebbe masala chai, dove masala indica la miscela di spezie. Ogni casa ha la sua e nessuna è uguale all’altra. Ci si mettono quasi sempre zenzero fresco e cardamomo, poi magari pepe nero, cannella, chiodi di garofano, anice, noce moscata… dipende da chi lo fa, dove, quando, perché.
Oggi fuori dall’India si dice tè chai per indicare una bevanda speziata, dolce, spesso servita con latte. A volte è simile al masala chai originale, altre volte è solo un’infusione aromatizzata o una bevanda zuccherata in polvere. Capire che cos’è davvero il tè chai significa anche liberarsi da questa confusione.
Le origini del tè chai: tra spezie e colonialismo
Il masala chai affonda le sue radici in tempi molto lontani, ben prima che il tè diventasse un’abitudine quotidiana in India. Secondo la tradizione ayurvedica, infatti, già oltre 5.000 anni fa esistevano decotti a base di spezie, miscele riscaldanti, digestive ed energizzanti, utilizzate come tonici naturali per stimolare il corpo e riequilibrare i dosha.
Niente tè all’epoca: solo zenzero, cardamomo, pepe nero e altre spezie bollite in acqua.
Poi, nell’Ottocento iniziano a cambiare le cose. L’Impero britannico inizia a coltivare tè in India al fine di contrastare il monopolio cinese, soprattutto in Assam e nel Darjeeling. La produzione cresce rapidamente, ma i consumi interni restano bassi. Il tè è un prodotto costoso, riservato all’élite coloniale.
All’inizio del Novecento, la British-owned Indian Tea Association cerca di risolvere il problema promuovendo il tè tra i lavoratori. Durante le pause nei cantieri e nelle fabbriche, i braccianti ricevono piccole razioni di tè per “riposarsi e ripartire con energia”. Nasce così un’abitudine nuova, che incontra presto il gusto locale: al tè si aggiungono zucchero, latte e spezie.
Ma anche in questa versione, il tè resta un ingrediente costoso. Ed è qui che succede qualcosa: i venditori iniziano a utilizzare fondi di tè, foglie di scarto, a cui aggiungono spezie forti, molto zucchero e latte. Il risultato è una bevanda intensa, calorica, che costa poco ma estremamente saporita. È il primo prototipo del masala chai.
Il boom vero e proprio arriva con l’introduzione del CTC (Crush-Tear-Curl), un metodo di produzione meccanizzato che polverizza le foglie, rendendole economiche e perfette per il tè in bustina.
Il tè cala di costo, almeno nella sua versione in polvere, ed entra a far parte della vita quotidiana insieme al chai. I venditori ambulanti, i cosiddetti chaiwala, iniziano a servire masala chai in ogni stazione ferroviaria, spesso in piccoli bicchieri di terracotta chiamati kulhar. Le stazioni diventano punti di ritrovo, luoghi in cui fermarsi, bere qualcosa di caldo e scambiare due parole prima di ripartire.
Cosa contiene il tè chai: ingredienti e principali varianti
Il bello del masala chai è che non esiste una ricetta sola. Esistono le basi, ma poi ognuno ci mette del suo. C’è chi lo ama dolcissimo, chi lo vuole bello pepato, chi ci mette zafferano “perché così lo faceva mia nonna” e nessuno ha torto.
Il punto di partenza è quasi sempre un tè nero forte, che sappia tenere testa a tutto il resto. In India si usano spesso tè dell’Assam: robusti, forti e corposi, perfetti per essere sobbolliti a lungo.
Poi c’è il latte, di solito intero oppure di bufala. Oggi c’è chi lo sostituisce con versioni vegetali (principalmente avena, mandorla o soia) e la buona notizia è che funziona, basta che il latte non sia troppo acquoso o troppo dolce di suo.
Poi c’è lo zucchero. In India non si scherza: il chai è dolce, punto. Si usa spesso lo zucchero bianco, ma in molte case c’è anche il jaggery, uno zucchero grezzo e scuro che aggiunge un sapore più profondo, quasi caramellato. Va benissimo anche il miele, ma sempre dosato con criterio.
E infine le spezie, il cuore del masala. Le più comuni? Cardamomo, zenzero fresco, cannella, chiodi di garofano e pepe nero. Poi si può aggiungere quasi tutto: semi di finocchio, noce moscata, anice stellato, zafferano. In Gujarat ne usano sei diverse, in Kashmir il chai è rosa e salato, e in certe zone del sud ci mettono persino il coriandolo.
Insomma, il masala chai è come una lingua parlata con accento. Le parole sono quelle, ma il tono cambia a seconda di chi le pronuncia e forse è proprio questo a renderlo così buono.
Come si prepara il tè chai
Fare un buon chai non richiede strumenti particolari, ma ci vuole attenzione e soprattutto pazienza. Niente timer o teiere: solo un pentolino, le spezie giuste, un po’ di tempo e la voglia di godersi l’aroma che si sprigiona in cucina.
Il procedimento, a grandi linee, è questo: si comincia scaldando il latte, a fiamma bassa, finché non inizia a sobbollire. Nel frattempo si pestano le spezie abbastanza finemente, affinché inizino a liberarsi gli aromi. Appena il latte comincia a prendere colore e profumo, si aggiungono le spezie e si lascia andare per qualche minuto.
Quando il profumo si fa più intenso e il latte si è leggermente ispessito, è il momento di aggiungere il tè. Meglio usare un tè nero CTC dall’Assam, così da seguire la ricetta tradizionale. Si butta direttamente nel pentolino, senza infusori né accorgimenti. La fiamma resta bassa, così che tutto possa miscelarsi insieme.
Durante questa fase, si aggiunge anche lo zucchero. Qui le dosi sono molto personali: c’è chi ne mette poco, chi abbondante. In India è spesso generoso, ma a casa si può dosare a piacere. Dopo qualche minuto, in genere due o tre, non di più, si spegne e si filtra tutto con un colino fine.
Il risultato è un chai denso, un piccolo guilty pleasure golosissimo e irresistibile.
Ma va detto: ognuno lo fa a modo suo. Alcuni mettono prima l’acqua, altri usano solo latte. C’è chi lascia bollire a lungo e chi preferisce un’infusione veloce. Non esiste un solo modo corretto: è come la ricetta della pasta pasticciata… Ogni nonna la fa a modo suo 😉.
Le miscele già pronte per il tè chai
Per chi non ha tempo e voglia di trasformarsi in piccolo chimico per una preparazione del masala chai tradizionale, esistono tantissime miscele di tè e spezie già pronte all’uso.
Per esempio, noi abbiamo selezionato un chai proveniente dal Nepal: il tè di base è il nostro Nepali Kanchanjanga Black, a cui il produttore ha aggiunto una miscela di spezie composta da zenzero, cardamomo nero, citronella, foglie di cannella e scorza di arancia. Perfetto per la preparazione di un masala chai un po’ speciale, ma anche per essere infuso in acqua, sia a caldo che a freddo. In realtà, anche infuso in bitter ci dicono faccia il suo gran lavoro e che il risultato sia un cocktail davvero interessante 😁.