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Che cos’è il tè nero: storia e come si prepara

Tutto sul tè nero, anche noto come tè rosso. Origini, consigli di preparazione e tè neri più famosi al mondo

Se il tè nero fosse una persona, sarebbe quel tipo che non passa mai di moda: elegante, avvolgente e con un fascino intramontabile. Amato in ogni angolo del pianeta, è il compagno perfetto per iniziare la giornata con energia o per rilassarsi sul divano in una domenica di pioggia.

Ma cosa lo rende così speciale?

Scopriamolo insieme: in questa guida ti accompagneremo in un viaggio tra storie, curiosità e consigli pratici per scoprire (o riscoprire) la magia di questa bevanda senza tempo.

Indice dei contenuti

Che cos’è il tè nero?

Tè nero e tè rosso sono la stessa cosa?

Origini del tè nero, anche noto come tè rosso

Il successo del tè nero in Europa

I tè neri più famosi

Come si prepara il tè nero

Risposta a curiosità e falsi miti sul tè nero

Che cos’è il tè nero?

Il tè nero è una tra le sei tipologie di tè riconosciute e la pianta da cui si ricava è la Camellia Sinensis, la stessa utilizzata per produrre altri tipi di tè come il verde, il bianco o l’oolong. Ciò che distingue è il processo di ossidazione completo a cui vengono sottoposte le foglie, un passaggio cruciale che ne definisce il colore, il bouquet aromatico e il sapore.

Dopo la raccolta, le foglie vengono lasciate appassire per ridurre il contenuto di acqua e renderle più morbide. Successivamente, parlando di tè in foglia, si procede con una fase di rollatura utile a rompere le pareti cellulari, favorendo così il rilascio degli enzimi responsabili dell’ossidazione.

All’interno della cellula, infatti, le catechine contenute nel vacuolo vengono a contatto con l’ossidasi rilasciata da mitocondri e cloroplasti, trasformandosi così in altri composti, come teaflavine e tearubigine. Con la rottura cellulare, i succhi contenuti nella foglia sono inoltre esposti all’ossigeno presente nell’atmosfera. Le foglie perciò ossidano e da verdi diventano di colore marrone: un po’ quello che succede a un frutto se viene tagliato e lasciato all’aria.

Questo spiega anche come mai i tè verdi siano spesso più astringenti rispetto ai tè neri: in quel caso le catechine, responsabili a livello sensoriale del gusto amaro e dell’astringenza, non vengono trasformate dagli enzimi ossidativi, che sono stati precedentemente disattivati con il calore (applicato a secco o con vapore).

Poco più su abbiamo specificato “tè in foglia” perché nel caso del tè polverizzato, che si utilizza per riempire le bustine industriali, la rollatura non esiste e si effettua uno sminuzzamento delle foglie, in modo da accelerare quanto più possibile l’ossidazione.

Una volta raggiunta un’ossidazione pressoché totale, le foglie vengono essiccate, selezionate e classificate prima di essere vendute.

Qual è la differenza tra tè verde e tè nero?

La principale differenza tra tè verde e tè nero risiede nel livello di ossidazione. Mentre il tè verde non subisce ossidazione, che viene bloccata tramite applicazione del calore, il tè nero è completamente ossidato. Questa diversità nel processo di lavorazione li rende differenti anche in termini di bouquet aromatico: il tè verde conserverà delle note più fresche e vegetali, mentre il tè nero… beh, non ti anticipiamo nulla.

Tè nero e tè rosso sono la stessa cosa?

Risposta in breve: sì. Per la risposta più lunga, invece, continua a leggere.

Quello che in Occidente chiamiamo “tè nero” in Cina è conosciuto come “tè rosso” (hóngchá). La classificazione ufficiale del 1979 a opera del professore Chen Chuan distingue infatti i sei colori del tè basandosi sui processi di lavorazione e sul colore del liquore in tazza (rosso), mentre noi occidentali ci concentriamo più sul colore delle foglie secche (marrone scuro tendente al nero).

Ma quindi in Cina esiste il tè nero?

Sì, ma non è quello che pensiamo noi. Il tè nero cinese, hēichá (letteralmente “tè scuro”), è sottoposto a fermentazione ed è quello che qui in Occidente chiamiamo appunto “tè fermentato”. Esempi famosi sono i Puer, il Liu Bao, oppure gli Zang Cha (tè fermentati in stile tibetano).

Origini del tè nero, anche noto come tè rosso

Sebbene in Occidente il tè nero sia oggi il più conosciuto e consumato, è di fatto una tipologia di tè piuttosto recente se paragonata ad esempio al tè verde, per centinaia di anni l’unica prodotta e consumata dai cinesi. Il tè nero (o rosso) nasce infatti intorno al 1560, si potrebbe dire per errore: un errore fortunatissimo, visto il successo e l’apprezzamento mondiale che ne sono seguiti.
Vi raccontiamo un paio delle tante versioni di questa storia.

Secondo una prima ipotesi, quando sotto la dinastia Ming si vietò la produzione di tè compressi per spingere maggiormente sui tè in foglia (meno costosi, meno faticosi da realizzare e alla portata di tutte le classi sociali), i produttori del Fujian – abituati a realizzare tradizionalmente solo torte di tè verde – commisero vari errori durante la lavorazione. Il risultato? Un tè ossidato, ossia un tè rosso!

La seconda storia ci porta sempre nella provincia cinese del Fujian, ma più precisamente in un piccolo villaggio chiamato Tong Mu Guan nella regione dei Monti Wuyi. Un bel giorno alcuni soldati dell’armata imperiale fanno irruzione nel villaggio: gli abitanti, per lo più coltivatori di tè, fuggono spaventati nei boschi circostanti, lasciando le tenere foglie appena raccolte stese ad appassire, in attesa di essere lavorate per diventare tè verde. I soldati, ahimè, le usano però come giaciglio per la notte, dormendovi sopra e “rollandole” involontariamente mentre si rigirano nel sonno. Al mattino, la truppa si rimette in marcia, abbandonando Tong Mu Guan. Quando i coltivatori tornano al villaggio, si rendono conto che il raccolto è ormai rovinato: le foglie sono danneggiate e marroni per l’ossidazione, con un forte odore… beh, di soldato non proprio pulitissimo. Come salvare la situazione?

Con una bella affumicatura su legna di pino! Così nasce il primo tè nero della storia, chiamato Zhèngshān Xiǎozhǒng, ossia “(tè) a piccola foglia (Xiao Zhong) dalla montagna originaria (Zheng Shan)”.

Immagine da Google Maps

Eppure in Occidente lo conosciamo con un nome molto diverso: scommettiamo che anche tu hai sentito qualche volta nominare il tè Lapsang Souchong, vero?

Qui c’è di mezzo un misunderstanding linguistico a opera di un commerciante tedesco. Trovandosi a Tong Mu Guan, l’europeo aveva chiesto infatti a un produttore locale da dove provenisse quel tè nero affumicato tanto buono, e gli era stato risposto che era un tè a foglia piccola (Xiao Zhong) e che veniva dalla zona appena fuori dall’area montuosa (Lapu Shan). Storpiando la lingua cinese, il commerciante tedesco elaborò una versione tutta sua del nome reale del tè, che divenne Lapsang Souchong.

Un’altra buffa storia di tradimento linguistico che ha come protagonista il tè nero cinese riguarda la Gran Bretagna. Quando intorno al 1690 gli inglesi iniziarono a importare grandi quantità di tè nero dal Fujian, gli diedero un nome che voleva indicarne l’area di provenienza, ossia i Monti Wuyi. Tuttavia, la parola Wuyi fu storpiata dagli anglofoni in “Bohea”, termine che andò a identificare in generale il tè nero sia in Inghilterra sia successivamente negli Stati Uniti. Di questo termine si trova traccia anche sui primissimi libri contabili della Twinings!

Il successo del tè nero in Europa

Come ti abbiamo raccontato nel nostro articolo sulla storia del tè, nel XVII secolo Olanda, Portogallo e Gran Bretagna importavano grandi quantità di tè dalla Cina: e particolare successo ebbe il tè nero. Come mai?

Innanzitutto perché il tè nero si prestava benissimo ai lunghi viaggi in mare, essendo meno delicato del tè verde e avendo la capacità di conservare aromi e sapori più a lungo. Ricordiamoci che i viaggi all’epoca potevano durare mesi e mesi, in condizioni certamente non semplicissime per la conservazione di beni deperibili come il tè in foglia.

Il tè nero, inoltre, aveva un prezzo inferiore rispetto al tè verde, altro fattore che ne favorì l’import.

Quando poi, nel XIX secolo, la Gran Bretagna diede il via alla coltivazione di tè in India e Sri Lanka, la strada del tè nero fu ben tracciata: un tè prodotto nelle sue stesse colonie, con prezzo molto basso e ottima resa. Cosa chiedere di meglio?

Sicuramente l’uso di aggiungere latte e zucchero al tè nero fu un altro elemento che contribuì a renderlo una bevanda amatissima e pressoché nazionale in Inghilterra, fornendo un’alternativa all’alcool – soprattutto alle donne, che trovavano nelle sale da tè il corrispettivo dei pub per il genere maschile: un luogo di svago per una bella chiacchiarata con le amiche, bevendo qualcosa dolce e gustoso.

I tè neri più famosi

Nel mondo si producono molti tè neri, ma ce ne sono alcuni che storicamente si sono affermati come i più apprezzati e i più commercializzati. Vediamo quanti ne conosci!

Cina

Come abbiamo visto, la Cina resta la culla di tutti i tè, incluso il tè rosso o nero. Ma dire “Cina” è dire nulla, poiché in questo paese immenso le regioni di produzione sono tantissime, tutte con delle caratteristiche differenti sia a livello di terroir che di tecniche produttive. Ecco 3 fra i tè neri (o rossi) cinesi più popolari a livello mondiale.

Keemun (o Qimen)

Dalla provincia dell’Anhui, un tè rosso dalla fattura minuziosa, con foglie piccole dai toni nero-blu e note aromatiche che richiamano il cacao, la rosa e il litchi. Il Keemun nacque alla fine del 1800, quando un mercante di tè di nome Yu Gan Chen imparò e poi replicò nella contea di Qimen in Anhui le tecniche di produzione del tè rosso apprese in Fujian. Nonostante i cinesi non consumassero tè rosso, preferendo il tradizionale tè verde, il Keemun divenne presto il tè favorito dalla famiglia imperiale e ottenne un enorme successo negli Stati Uniti e in UK.

Imperial Keemun, tè rosso dalla provincia cinese dell’Anhui

Dianhong

Tè rosso prodotto nello Yunnan, come racconta il suo nome: “Dian” è infatti un’antica abbreviazione di Yunnan, e “hong”, come visto prima, significa “rosso”. Il Dianhong è in realtà piuttosto recente, nato nel 1938 a opera del signor Feng Shaoqiu: una volta messo all’asta in Inghilterra ebbe un enorme successo. Le sue note sono dolci e fruttate, con suggestioni di malto che lo rendono praticamente impossibile da non amare.

Lapsang Souchong (Zhèngshān Xiǎozhǒng)

Il Lapsang Souchong è primo tè nero (rosso) della storia, dai Monti Wuyi in Fujian. Un tè sicuramente intenso, poiché affumicato su legna di pino, che regala sentori smoky ma anche note maltate e una grande dolcezza. Ottimo da bere in purezza per gli amanti del genere, ma anche perfetto per cucinare risotti interessanti usandolo al posto del brodo! In Cina in realtà questo tè viene preferito nella sua versione non affumicata (meraviglioso), anche perché gli alberi di pino dell’area di produzione originaria sono ora protetti e non è più possibile tagliarli per ricavarne della legna.

Sri Lanka

Da quando il signor Thomas Lipton alla fine del 1800 comprese il potenziale di questo terroir e acquistò grandi porzioni di terre per farne campi di tè (ex coltivazioni di caffè andate distrutte da un fungo nel 1870), lo Sri Lanka è diventato decisamente un punto di riferimento globale per il tè nero. Ne produce tra i più sopraffini al mondo, dai più robusti e aromatici ai più delicati e sorprendenti.

Ceylon High Grown

Si tratta dei tè neri coltivati in altitudine (oltre i 1200m) dalle note fresche e raffinate, lievemente mentolate e in qualche caso balsamiche, fresche e vivaci. Le principali regioni produttrici sono Uva, Dimbula, Uda Pusselawa, Nuwara Elya (con le coltivazioni più alte, sino a 2450m).

Ceylon Handrolled Golden Tippy, un tè nero High Grown dalle montagne di Uva lavorato a mano

Ceylon Low Grown

Tè che crescono in zone per lo più pianeggianti o collinari (fino a 600m): i sentori della varietà assamica di partenza uniti al terroir locale danno vita a tè dalle caratteristiche note legnose e agrumate, con sentori di miele di castagno e un corpo robusto. Le regioni di produzione sono Sabaragamuwa e Ruhuna.

India

Chi non pensa all’India quando si dice “tè nero”? Dalle pianure dell’Assam sino alle vette himalayane, la produzione indiana di tè neri avviata nella prima metà del XIX secolo dalla corona britannica ha portato il subcontinente a essere il secondo maggior produttore di tè al mondo dopo la Cina. I tè neri in particolare sono il suo fiore all’occhiello: ecco i più popolari.

Assam

Oltre a dare il nome alla varietà a foglia grande della Camellia Sinensis (assamica, per l’appunto), questa regione pianeggiante, calda e umida, attraversata dal fiume Brahmaputra, è conosciuta per la produzione dell’omonimo tè, apprezzato solitamente da chi ama i sapori intensi.

Assam Borahi Goden Tippy, tè nero ricchissimo di gemme dorate dai toni speziati

L’Assam è infatti un tè nero eccellente di raccolto estivo (second flush, ossia il secondo raccolto dell’anno che avviene tra maggio e giugno) dalle note di legno e spezie, con sentori di miele e frutta cotta – un tè al quale si concede anche l’aggiunta di una nuvola di latte per i meno disciplinati, e che accompagna splendidamente merende a base di biscotti, dolci burrosi e pasta frolla poiché ne bilancia alla perfezione la dolcezza, pulendo il palato.

Darjeeling

Definito “lo champagne dei tè”, il Darjeeling è forse il tè nero più rappresentativo dell’intera produzione indiana, tanto che abbiamo scritto un intero articolo a riguardo. Ne distinguiamo principalmente due tipi in base al periodo di raccolta e alla lavorazione:

  • Darjeeling First Flush > Da raccolto primaverile (marzo-aprile), questo tè nero molto sui generis è sinonimo di eleganza e florealità. La sua produzione tuttavia lo discosta un po’ dai tè neri di stampo classico: come mai?
    Le sue foglie subiscono un hard withering (appassimento violento) che porta all’evaporazione di una maggiore quantità di acqua rispetto all’appassimento classico. La conseguenza è un’ossidazione più difficile, che si ferma ben prima del 100% lasciando le foglie verdi nel colore e con sentori decisamente primaverili e freschi. Il colore del liquore è dorato e le note aromatiche richiamano i fiori di campo, la citronella e l’erba tagliata, con una vivacità e una frizzantezza senza eguali: la primavera in tazza!
  • > Darjeeling Second Flush > Tè nero da raccolto estivo (maggio-giugno), ha toni decisamente più caldi e rotondi del suo fratello primaverile. L’ossidazione è più pronunciata (pur senza arrivare a un 100%) e le note virano su sentori fruttati e speziati, sempre conservando una florealità distintiva. Anche il colore del liquore in tazza ha sfumature più scure, che si avvicinano a un ambrato profondo.

Nilgiri

Non potevamo esimerci dal citare anche questa regione produttiva, situata nello stato del Kerala, che ci regala tra i migliori tè neri da raccolto invernale. Il Nilgiri Winter Frost Black, da varietà sinensis sinensis, è raccolto oltre i 2400 metri di altitudine tra gennaio e febbraio, quando le gelate notturne uccidono una grande porzione del raccolto.

L’escursione termica profonda (si va dai 20°C diurni ai -7°C notturni in alcune zone) fa sì che solo alcuni germogli sopravvivono: e questi pochi germogli hanno concentrati al loro interno tantissimi nutrienti e sostanze aromatiche, che regalano loro un profilo organolettico unico e speciale. Note di cacao vanigliato, frutta secca e miele stupiranno il tuo palato e le tue narici: noi ce ne siamo innamorati perdutamente!

Nuovi paesi produttori di tè nero

Selezionando i tè della nostra collezione, abbiamo incontrato piccole realtà meravigliose e foglie che ci hanno incantati seppur non provenienti dai soliti grandi paesi produttori. Ecco allora alcune novità nel panorama dei tè neri, tra proposte meno classiche o semplicemente meno conosciute.

Nepal

Un paese dalla storia socioeconomica complessa, per moltissimi anni chiuso al resto del mondo, ma con un terroir spettacolare che negli ultimi anni ha portato alla luce tè neri splendidamente lavorati. Incastonato tra India e Cina, il Nepal vanta la piantagione più alta del mondo: il Bhakanje Tea Estate con coltivazioni che si estendono sino a 2.678 metri sul livello del mare. Se proverai il nostro Everest Black, non tornerai più indietro.

Iran

Un altro paese in cui il tè nero è consumato a livelli esponenziali, ma che nell’ultimo secolo ha preferito la quantità sulla qualità, con produzioni industriali massive ma di livello molto scarso. Eppure, una piccola realtà artigianale nell’area di Guilan ha deciso di difendere e riscoprire le antiche tradizioni, riprendendo e modernizzando tecniche produttive antiche e regalandoci oggi tè neri (e non solo) dai sapori unici.

Come il nostro Persian Black Melody, dalle note di erbe aromatiche, composta di fico e miele di castagno, e il Persian Black Symphony, con una florealità incredibilmente simile a quella di un Darjeeling first flush ma intrecciata a toni più caldi e tostati di cacao e crosta di pane.

Giappone

Nella Terra del Sol Levante ci sono secoli e secoli di produzione di tè verde: un’eccellenza nazionale ineguagliabile al mondo. Eppure, tra un sencha e un gyokuro, negli ultimi anni ha fatto capolino qualcosa di nuovo: il tè nero giapponese. Caratterizzato da note calde di frutta cotta al forno, crosta di pane, legno profumato e spezie, il wakocha – letteralmente “tè (cha ) nero (ko) giapponese (wa)” – sorprende per il suo ampio ventaglio aromatico, così distante dalle note marine e umami a cui siamo abituati pensando ai tè del Giappone.

Come si prepara il tè nero

Per preparare una buona tazza di tè nero, gli accorgimenti sono pochi ma efficaci. Dimentica amarezza e astringenza: ecco gli step per ottenere un tè nero al top.

Tè rosso o tè nero?
  1. Acqua: Usa sempre acqua “buona”, ossia acqua filtrata o minerale – mai quella del rubinetto! Noi consigliamo l’Acqua Sant’Anna per il suo pH ottimale, leggermente acido, e per il basso residuo fisso (< 50mg/litro);
  2. Temperatura: Per i tè neri è necessario distinguere in base alla grandezza delle foglie: più sono piccole, più bassa sarà la temperatura a cui infonderle. Per i tè rossi, quindi di origine cinese, che solitamente hanno foglie più piccole e più delicate, consigliamo una temperatura di 90°C. Per i tè neri più robusti dalle foglie più grandi la temperatura può attestarsi anche sui 95°C. Ti servirà un termometro digitale o ancora meglio un bollitore con controllo della temperatura. Perfetto anche il bollitore da viaggio;
  3. Quantità: Le proporzioni che consigliamo per un’infusione all’occidentale sono 2,5/3 grammi di tè ogni 200 ml di acqua. Raccomandiamo l’uso di una bilancina di precisione per pesare le foglie poiché ogni tè ha una sua volumetria specifica: il rischio di sovradosare o sotto dosare andando a occhio o a cucchiaini è sempre alto. Per gli amanti del gong fu cha, invece, le proporzioni variano: 5 grammi di foglie per una gaiwan da 150ml sono solitamente lo standard corretto;
  4. Tempo di infusione: se stai infondendo all’occidentale (quindi con una teiera o con una mug con filtro grande), consigliamo di non superare i 2-3 minuti per i tè a foglia piccola e i 4 minuti per i tè a foglia più grande. E soprattutto, non gettare le foglie appena infuse: potrai infonderele nuovamente almeno altre 2 o 3 volte, allungando i tempi di infusione di 30-40 secondi ogni volta – e la tua seconda tazza sarà buona quanto la prima. Nel caso in cui ti stia invece approcciando all’infusione in gong fu cha (quindi con gaiwan e gong dao bei), i tempi sono di 15 secondi per la prima infusione, con 5-10 secondi aggiuntivi per le infusioni seguenti. Con le stesse foglie riuscirai a fare molte infusioni, fino a 10 per alcuni tè.

Risposta a curiosità e falsi miti sul tè nero

Sul tè nero se ne sentono tante: ma sarà vero quel che si dice in giro? Proviamo a sfatare qualche falso mito.

Il tè nero è meno salutare del tè verde

Falso: entrambi hanno molti benefici per la salute – semplicemente contengono diverse combinazioni di antiossidanti. Mentre il tè verde ha tante catechine, il tè nero è ricco di teaflavine e tearubigine, come abbiamo visto nel paragrafo dedicato alla lavorazione. Si tratta di polifenoli essenziali per la prevenzione di malattie cardiovascolari.

Il tè nero fa male allo stomaco

Dipende: come tutti i tè, contiene caffeina e può infastidire se bevuto a digiuno o se si ha già una predisposizione a fastidi legati allo stomaco. Se bevuto a stomaco pieno e preparato correttamente, il tè nero non dà più fastidio di qualsiasi altro tè!

Il tè nero è il tè con più caffeina

Falso! Partiamo dal presupposto che il tè contiene caffeina sempre. Tuttavia, come spiegato nel nostro articolo sul rapporto tra tè e caffeina, le variabili che definiscono il livello di questo alcaloide nel tè sono molteplici. Ad esempio, la quantità di gemme: un tè bianco può avere molta più caffeina di un tè nero se composto da gemme, la parte della pianta che ne contiene la maggiore quantità. Anche la preparazione influisce moltissimo: più a lungo terrai un tè (qualsiasi tè) in infusione e più calda sarà l’acqua, più caffeina andrai ad estrarre in tazza. Quindi sostenere che il tè nero sia quello con più caffeina rispetto alle altre tipologie è errato.

Ecco invece 3 curiosità sul tè nero nel mondo: paese che vai… tè nero che trovi!

• Il tè nero è la base del masala chai, il blend di origine indiana che mixa tè nero in foglia (solitamente Assam) a spezie come cardamomo, zenzero, cannella, pepe nero, chiodi di garofano e anice stellato. Il mix viene poi infuso direttamente nel latte caldo e zuccherato (molto!).

Se c’è della curiosità, sullo shop ne abbiamo una versione bio nepalese (Nepali Chai), dove anche le spezie sono coltivate nelle stesse aree dove cresce il tè, ad altissima quota.

Masala Chai

• In Russia il tè nero è il più consumato e costituisce una parte importante della cultura locale, simbolo di ospitalità e convivialità. Arrivò per la prima volta nel XVII secolo tramite la via della seta dalla Cina e le varietà preferite includono tè neri robusti come quelli provenienti dall’India (Assam), dallo Sri Lanka (Ceylon Low Grown) o dalla Cina (Lapsang Souchong).

Si prepara con il samovar: un utensile tradizionale in ottone o altri metalli, simile a un bollitore, usato per scaldare l’acqua per il tè. Sopra il samovar si mette una teiera più piccola, che contiene un concentrato molto forte di tè chiamato zavarka: ogni ospite diluisce questa base con l’acqua calda dal samovar, adattando l’intensità del tè secondo il proprio gusto. Se vuoi saperne di più di questo argomento, corri a leggere il nostro articolo su teiere e accessori dal mondo!

• Anche in Turchia il tè nero (çay, pronunciato “chai”) è una parte essenziale della vita quotidiana ed è considerato un simbolo di ospitalità e amicizia: pensa che la Turchia è uno dei maggiori consumatori di tè al mondo pro capite!

Il tè turco viene preparato in modo molto simile a come si fa in Russia con il samovar, utilizzando una speciale teiera a due livelli chiamata çaydanlık. La parte superiore contiene un concentrato di tè molto forte, mentre la parte inferiore è piena di acqua calda, usata per diluire il concentrato. Il tè viene poi servito in bicchieri di vetro piccoli e trasparenti a forma di tulipano, che permettono di apprezzare il colore rosso intenso della bevanda.


Ti è venuta voglia di esplorare il vasto mondo dei Tè Neri o dei Tè Rossi?

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